[PS4] No Man's Sky

Peeta

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16 Giugno 2012
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Guardavo questo:


Che è comunque di 4 mesi fa, e che è comunque SpazioGames
A un certo punto lui, rispondendo ad una domanda, afferma "no, non si può giocare in offline, ma perchè si perderebbe anche molto del concetto del gioco, essendo fatto di classificazione online, scoperte, possibilità di incontrare altri giocatori [...], e quindi in offline verrebbe meno di tutti questi aspetti". O più o meno dice così, ma concettualmente è questo che comunica.

Poi ripeto, è di 4 mesi fa questo video, magari nel frattempo si sono chiariti le idee.

ah ok, bo. Vedremo come sarà alla fine manca poco...
 

lucsan89

Allievi B
26 Marzo 2014
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Ma quindi vero che non si può giocare offline?

Cioè io che ho avuto problemi alla linea per 5 giorni in casi come quelli mi attaccherei al puppolo?

Sì gioca sempre online? Cioè per carità visto il funzionamento del gioco la cosa non mi sorprende molto, però se esclude totalmente chi si trova offline un po' mi fa storcere il naso...

https://blog.it.playstation.com/201...narie-che-potreste-non-sapere-su-no-mans-sky/

  1. L’universo non è dentro il vostro hard disk né su un server
    Il mondo che vi circonda viene generato dal vostro sistema PS4 nel momento in cui lo visitate. Quando ve ne andate viene eliminato, ma se vi farete ritorno verrà rigenerato esattamente come era prima. Questo significa anche che potrete giocare sempre offline.
 

CastoloILMEGLIO

Allievi B
3 Settembre 2014
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Guardavo questo:


Che è comunque di 4 mesi fa, e che è comunque SpazioGames
A un certo punto lui, rispondendo ad una domanda, afferma "no, non si può giocare in offline, ma perchè si perderebbe anche molto del concetto del gioco, essendo fatto di classificazione online, scoperte, possibilità di incontrare altri giocatori [...], e quindi in offline verrebbe meno di tutti questi aspetti". O più o meno dice così, ma concettualmente è questo che comunica.

Poi ripeto, è di 4 mesi fa questo video, magari nel frattempo si sono chiariti le idee.


non ci azzecca nulla la data,semplicemente colui che risponde a quelle domande dice cose campate per aria senza cognizione di causa.

Questo link è aggiornato poche ore fa, trovi tutte le info di gioco attualmente attendibili.
https://repo.nmsdb.info/categories/Game_Mechanics/Offline

Viene confermato che c'è la modalità offline.
 
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CastoloILMEGLIO

Allievi B
3 Settembre 2014
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Retro della confezione
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weILL

Prima squadra
9 Luglio 2011
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non ci azzecca nulla la data,semplicemente colui che risponde a quelle domande dice cose campate per aria senza cognizione di causa.

Questo link è aggiornato poche ore fa, trovi tutte le info di gioco attualmente attendibili.
https://repo.nmsdb.info/categories/Game_Mechanics/Offline

Viene confermato che c'è la modalità offline.
Immaginavo dicesse cose campate per aria.


Simpatico il sito che hai postato.


Invece per il retro della confezione non mi fa ne caldo ne freddo visto che avro la versione digitale :D :p..
 

Peeta

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Articolo interessante dove l'autore un pò di dubbi sul gioco, nonostante lo aspetti davvero con ansia ed ovviamente spera di sbagliarsi e di fare ammenda....

______________________
Cieli di nessuno

di Costanzo Colombo Reiser · 27 luglio 2016


Dopo tre anni di attesa e continui rinvii, il 9 agosto esce finalmente No Man’s Sky, un open world a sfondo fantascientifico dove grazie alla generazione procedurale si potranno visitare 18 quintilioni di pianeti, diventare mercanti, guerrieri o esploratori. Bello. Ma avrà senso farlo?

A metà della sua bella autobiografia On Writing: a Memoir of the Craft, Stephen King dichiara a sorpresa che – tra tutti i ferri del mestiere – la trama è per lui uno dei meno utili. “Non mi fido della trama”, scrive, “per due motivi: innanzitutto, perché di massima le nostre esistenze ne sono prive anche quando ci sforziamo di pianificarle prendendo tutte le precauzioni del caso. In secondo luogo, ritengo che la progettazione di una struttura rigida (plotting) non sia compatibile con la spontaneità della vera creazione”.

Non so quanto l’opinione di King sia condivisa dai suoi colleghi, né ho le competenze per discutere del suo valore astratto o della sua utilità pratica in ambito letterario; tuttavia, da appassionato di videogiochi l’ho trovata molto interessante se calata nel contesto di una delle formule di game design di maggior successo degli ultimi quindici anni, l’open world sandbox, e del gioco che promette di portarne la filosofia ai suoi estremi: No Man’s Sky, in uscita il prossimo 10 agosto.

Elementi
Prima di entrare nel dettaglio del titolo Hello Games conviene specificare brevemente cosa s’intende per open world sandbox, visto che è un termine tanto usato quanto ambiguo. Spezziamo la definizione in due: open world, innanzitutto, è una forma di level design che implica una struttura di gioco non più basata su singoli livelli separati tra loro, bensì un’unica mappa esplorabile a piacere in qualsiasi direzione; con sandbox, invece, si intendono meccaniche di gioco grazie alle quali il giocatore adopera liberamente i mezzi messi a disposizione dagli sviluppatori per raggiungere l’obiettivo. Per quanto formalmente indipendenti l’una dall’altra, fin dalla nascita queste due forme di progettazione hanno spesso flirtato tra loro: basti pensare aElite (1984) o alla serie degli Ultima (1981-1999), dove si poteva ignorare il macro obiettivo – terminare il gioco – per dedicarsi ad attività collaterali del tutto slegate da esso.


Nonostante l’anzianità del genere, la sua diffusione su larga scala avvenne però solo dopo che Grand Theft Auto III (2001) dimostrò che la tecnologia era ormai pronta a soddisfare i desideri di giocatori sempre più stufi degli stilemi classici dei videogiochi dell’epoca. Ambientato a Liberty City, una reinterpretazione tematica in 3D di New York, nella pietra miliare firmata Rockstar Games esisteva sì una trama principale che si sviluppava linearmente di missione in missione, ma i programmatori avevano disseminato la mappa di gioco con passatempi e attività secondarie che potevano essere affrontati in qualsiasi momento e che, se da un lato interrompevano il continuum narrativo principale, dall’altro andavano ad arricchire l’atmosfera generale. Destrutturando il tradizionale senso di progressione e calando il giocatore in una città tridimensionale dove era libero di fare quel che voleva, i programmatori avevano (inconsapevolmente) adottato l’idea di King: la trama (cioé l’esatto percorso che descrive l’arco narrativo del protagonista) aveva cessato di essere la forza trainante dell’esperienza, venendo sostituita dalla storia (intesa come il contesto tematico più ampio, in cui convergono più eventi anche slegati da loro).

I milioni di copie vendute che accompagnarono questo nuovo approccio creativo spinsero molti sviluppatori ad abbandonare i generi videoludici tradizionali di allora per abbracciare il linguaggio degli open world, non senza qualche difficoltà. Concetti come “libertà”, “imprevedibilità” e “gameplay emergente” erano infatti nuovi e piuttosto ostici da codificare, e dopo qualche successo e l’inevitabile fallimento divenne chiaro che il giocatore non era più un semplice spettatore attivo, bensì un elemento stesso del game design. Un elemento da trattare con estrema cautela, però, poiché nello scarto tra le sue richieste di libertà e i limiti imposti dagli sviluppatori si annida(va)no conseguenze disastrose: dalla “rottura” del gioco alla devalorizzazione della storia, fino, nella peggiore delle ipotesi, alla noia. Concepire un open world significa infatti coniugare la propria visione autoriale con i desideri dell’utente, prevedere le sue possibili azioni e, infine, progettare un delicato sistema di pesi e contrappesi che metta in equilibrio le inevitabili restrizioni con l’agognata libertà. In sintesi, il giocatore deve sentirsi sì libero, ma non tanto da sfiorare l’onnipotenza; le regole devono essere tematicamente coerenti con l’ambientazione e, soprattutto, devono esistere perché è solo grazie a esse che è possibile attribuire un valore e un peso alle proprie azioni.

Strategie dell’universo
Chiarito nei princìpi di massima l’argomento, arriviamo finalmente ai giorni nostri e a No Man’s Sky. Annunciato a fine 2013, inizialmente il titolo Hello Games cavalcò l’onda di entusiasmo legata al lancio delle console di ottava generazione – avvenuto appena un mese prima – presentandosi come un simulatore di esplorazione spaziale generato proceduralmente [!], con l’accento posto su quest’ultimo aspetto.


Per quanto le avventure spaziali non siano di per sé un genere inflazionato, men che meno su console (dove al di fuori di Mass Effect c’è poco), ciò che fin da subito attirò l’attenzione del pubblico più di ogni altra cosa è la tecnica semiautomatizzata con cui è generato il mondo di gioco. “Procedurale” significa infatti che l’universo e le creature che lo abitano non sono frutto di una minuziosa progettazione fatta a monte, bensì vengono generati dal gioco stesso; in pratica, ferma restando una “tavolozza” di opzioni (estetiche, comportamentali, morfologiche) prestabilite, sono degli algoritmi a sceglierne le combinazioni giuste e a stabilire quanti pianeti sono presenti in un dato sistema solare, quali di essi hanno un’atmosfera, quali ospitano forme di vita e così via. Così facendo, memoria e potenza di calcolo vengono usate non per memorizzare un set di dati prestabiliti in base ai gusti dei programmatori, bensì per creare un mondo di gioco virtualmente infinito (oltre 18 quintilioni di pianeti, cifre da Zio Paperone) fondato sulla logica.

Questo non significa che non vi sia un apporto umano, sia chiaro: al fine di restituire un universo che sia alieno ma al contempo interpretabile dal nostro immaginario, in No Man’s Skygli algoritmi sono stati formulati con un occhio di riguardo per alcune leggi della fisica – seppur semplificate – e della zoologia prese in prestito dalla nostra realtà. Dove vi sarà un’atmosfera esisteranno anche degli oceani, e gli animali che eventualmente abiteranno il pianeta saranno riconducibili alle categorie cui siamo abituati (mammiferi, anfibi, sauri e via dicendo). Pertanto, nonostante un numero inimmaginabile di possibili combinazioni, nel funzionamento dell’universo sarà ravvisabile una certa coerenza o, volendo usare una definizione in odore di creazionismo, un “disegno intelligente”.


Quanto al gameplay, da quello che è stato detto nel corso delle numerose interviste e presentazioni che hanno costellato gli ultimi tre anni, all’avvio del gioco ci si troverà proiettati in un angolo sperduto dell’universo e da lì in poi si potrà decidere liberamente come procedere: se seguire l’unico generico obiettivo fornitoci e correre al centro delle galassie nel minor tempo possibile, se dedicarci alla scoperta di nuovi sistemi solari e alla catalogazione della fauna e della flora, se intraprendere una carriera di pirata oppure, infine, se concentrarci sul commercio. Naturalmente, nulla ci vieterà di ibridare questi approcci, e non sarà presente alcuna restrizione alla volontà del giocatore e, a prescindere dalla scelta, il tutto sarà comunque inframmezzato da occasionali combattimenti contro l’intelligenza artificiale, presente sia in veste di gendarmeria spaziale, sia sotto forma di razze aliene suddivise secondo culture e specializzazioni – scienza, combattimento, commercio, esplorazione – che corrispondono ai possibili stili di gioco. Ricapitolando: Hello Games mette a disposizione un universo liberamente esplorabile composto da 18,446,744,073,709,551,616 pianeti e un potenziale infinito di meraviglie da scoprire (tale per cui esistono archeologi videoludici (!) che stanno già organizzando spedizioni scientifiche). Tuttavia, sarà impossibile scoprire tutto: anche ipotizzando una sosta di un secondo su ciascuno di essi, un solo essere umano necessiterebbe di circa 585 miliardi di anni per compiere il tour completo. Scartata quindi l’ipotesi dell’approccio ossessivo-compulsivo da completazionista, si spera che nella pur ridotta frazione di spazio che visiteremo saranno comunque presenti panorami, eventi e attività sufficientemente interessanti per mantenere viva la nostra curiosità e attribuire un senso d’importanza alle nostre azioni e, se non altro in termini videoludici, alla nostra esistenza.

E dico “spero” perché di trama o storia non sembra esservi l’ombra, e dunque spetterà in larga parte al giocatore stesso trovare delle valide ragioni per proseguire nell’esperienza di gioco. Il che ci porta alla grande domanda: come può la (pur relativa) randomizzazione insita nelle formule matematiche costruire degli insiemi di significati che siano apprezzabili dagli umani? E se anche funzionasse alla perfezione, non porterà alla ripetitività? Detta in termini più diretti: sulla carta potremo fare di tutto, ma nella pratica il gioco ci darà le giuste motivazioni per farlo?

.....
 

Peeta

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....

Dovendo limitare la risposta a deduzioni e ipotesi basate sui video e sulle interviste, la mia risposta è “no”, o più precisamente: “non nel lungo periodo”. Spero di sbagliarmi, vuoi anche solo perché altrimenti avrò speso male 80€, ma temo che Sean Murray e i suoi abbiano fatto il passo più lungo della gamba, creando un mondo talmente vasto che risulta impossibile da riempire con elementi che rendano l’avventura interessante; temo insomma che la monotonia implicita dell’approccio matematico prima o poi si farà vedere, e che questa, in tandem con la natura solitaria dell’esperienza, farà perdere d’interesse nel gioco nell’arco di una manciata di ore.


Quello che secondo me non è stato tenuto abbastanza in considerazione dagli sviluppatori è che l’uomo, in quanto animale sociale, da sempre trova un senso per le sue azioni in ciò che lo circonda, sia che si tratti di un suo simile, di un concetto astratto o di un sistema di valori condiviso dalla società d’appartenenza. Attraverso la loro interpretazione egli costruisce le sue aspettative, forma le sue credenze personali e, in una parola, trova gli strumenti coi quali dare un significato alla propria esistenza. Naturalmente, quando veniamo al mondo ogni ingranaggio di questi meccanismi culturali è già in funzione, e a noi spetta tutt’al più decidere come vogliamo rapportarvici.

Per converso, in ogni videogioco si parte da zero: i game designer devono ricostruire l’equivalente ludico dei nostri sistemi di valori, sforzandosi di essere originali e al contempo comprensibili, poiché è grazie a essi e alla verosimiglianza con cui sono presentati che decidiamo se e quanto tempo dedicargli. Per raggiungere questo scopo, sceneggiatori e programmatori lavorano generalmente su due aspetti interconnessi tra loro: worldbuilding e meccaniche. Schematizzando molto, si può dire che il primo si occupa di illustrare le peculiarità del mondo di gioco tramite la narrazione diretta (trama) e indiretta (contesto audiovisivo), mentre le seconde servono a incanalare la libertà del giocatore verso un comportamento e delle azioni coerenti con le macrotematiche proposte dagli autori. In più, stabilendo delle vere e proprie regole e ponendo dei limiti a ciò che può fare, esse lo dotano di un metro di giudizio con cui misurare la propria performance. Un esempio banale: in GTA III è chiaro fin da subito che andremo ad abitare il sottobosco criminale di New York; non solo perché ce lo dicono le cutscenes e l’ambientazione, ma anche perché le uniche azioni consentite al giocatore sono di natura violenta. Stabilita quindi la premessa iniziale, le regole di gioco riguardano esclusivamente i mezzi con cui raggiungere gli obiettivi, e dai limiti imposti di volta in volta deriverà la nostra soddisfazione nell’aver raggiunto un obiettivo (controprova terra-terra: giocateci con i trucchi attivati e contate i minuti che vi separano dalla noia).

Chiarito questo, chiunque abbia giocato a un open world sandbox sa che di rado è la trama ad essere l’elemento portante dell’esperienza. Questo non solo perché spesso la qualità della scrittura è debole, ma soprattutto perché è sovrastata dalla ricchezza sensoriale dei mondi di gioco: ad affascinare i giocatori dei vari GTA o Assassin’s Creed non sono perciò (solo) le vicissitudini dei loro protagonisti, quanto le minuzie della realtà parallela in cui essi – e noi con loro – vivono. I programmatori questo lo sanno benissimo, e difatti nelle loro opere inseriscono strati su strati di meccaniche secondarie e passatempi in cui il giocatore può perdersi per una quantità di tempo potenzialmente infinita (per esempio, le fughe dalla polizia in GTA o leradiant quest degli ultimi RPG Bethesda). Nemmeno la parabola di John Marston, uno dei migliori personaggi degli ultimi anni (spoiler nel video), può reggere il confronto con le decine di ore che dedichiamo alla caccia agli orsi nelle foreste o alla cattura di qualche fuorilegge; se ciò avviene è perché l’intero complesso visivo e tematico è stato strutturato in ogni dettaglio – dalla grafica al sonoro, fino a giungere agli eventi “casuali” – rendendo naturale abituarci ai suoi limiti mentre ne saggiamo le sfumature, coinvolgendoci dal primo all’ultimo minuto.

carico il video...
Ora: in No Man’s Sky non è presente una trama (Sean Murray lo ha ribadito in più occasioni), e perciò in sua assenza spetta al giocatore trovare degli stimoli interpretando gli input forniti dal mondo di gioco; così facendo, sopperisce al vuoto narrativo, trova motivazioni autonomamente e crea le “proprie” storie. Esattamente come GTA, Assassin’s Creed, Red Dead Redemption e mille altri ci hanno abituati a fare. Questo è però possibile solo in presenza di stimoli ben congegnati e piazzati con cura nell’ambiente di gioco; non solo in senso audiovisivo, bensì anche sotto il profilo degli eventi: per esempio un duello aereo nei cieli in cui intervenire, una mandria di dinosauri alieni in fuga da un predatore che possiamo uccidere, un vulcano in eruzione mentre ci troviamo su una sua parete da cui fuggire e via dicendo. Ecco: tutto questo, viste le dimensioni di No Man’s Sky, dubito fortemente che sia stato fatto.

Allora mi chiedo: al di là dei loop ludici (su tutti, la raccolta di materiali con i quali potenziare l’equipaggiamento al quale è legata la capacità di esplorazione e sopravvivenza) cosa ci spingerà a perseguire non dico l’obiettivo finale, ma anche solo una delle attività “secondarie”? Com’è possibile rendere interessante l’esplorazione, cioè il viaggio? Certo, nelle prime ore di gioco basterà la sola curiosità per spingerci da un pianeta all’altro, ma già alla decima galassia che attraverseremo che soddisfazione potremo mai trarre dalla scoperta di centinaia di pianeti – magari bellissimi – a cui nessuno presta attenzione, e dove non è detto che succeda qualcosa di inusuale capace d’incuriosirci? Forse scopriremo la ventesima specie di simildinosauri acquatici, ma a meno di non disporre dell’immaginazione più fervida dai tempi di Dalì a oggi, temo che dopo poche ore subentrerà una noia che porterà molti a considerare l’ennesima scoperta o l’arricchimento personale qualcosa di emotivamente irrilevante. Presto un pianeta varrà l’altro; le creature fantastiche che li abitano perderanno il loro alone di unicità nonostante l’aspetto esotico; gli alieni saranno solo dei set di input da sfruttare al fine di ottenere vantaggi pratici e, pertanto, il risultato sarà che considereremo tutto ciò che si frappone tra noi e il nostro obiettivo come poco più di una barriera artificiale, un fastidio. Una condanna a morte per qualsiasi gioco, ma in particolar modo per uno che fa dell’esplorazione la sua ragion d’essere.


Certo, si potrebbe cercare altrove una sorta di “remunerazione emotiva”; qualcosa che ci aiuti a riconoscere il valore delle nostre azioni e a motivarci, un qualche elemento “esterno” a noi, magari le culture aliene in cui c’imbatteremo. Anche in questo caso resto scettico: non solo perché gli NPCs carismatici della storia videoludica si contano sulle dita di una mano, ma soprattutto perché, prima ancora di comunicare con loro – e verificare se sono effettivamente interessanti o meno – dovremo imparare le loro lingue. Come? Ma recandoci su decine di pianeti alla ricerca di monoliti à la 2001 Odissea nello Spazio, naturalmente, il che purtroppo ci riporta al tedio dell’esplorazione.

Quanto ad altri giocatori umani, meglio metterci una pietra sopra: viste le dimensioni dell’universo, incontrare altri giocatori è statisticamente improbabile, e quindi non sarà possibile socializzare, cooperare o scontrarsi.

Tutto può succedere
Sono troppo pessimista? Può darsi, ma ho i miei motivi: tutte le anteprime pubblicate finora (spesso accompagnate da filmati identici tra loro, presumibilmente gli unici a essere approvati dagli sviluppatori) hanno mostrato pochi esempi di ciò che si potrà fare nel concreto, restando terribilmente vaghi sul gameplay propriamente detto e concentrandosi invece su come è stato creato l’universo. Inoltre, le ridotte dimensioni del team di sviluppo (una quindicina di persone), nonché la sua scarsa esperienza, non depongono a favore dell’ottimismo, e le numerose posticipazioni della data d’uscita non possono che aumentare lo scetticismo.

carico il video...
Eppure, malgrado tutti i dubbi elencati finora, non vedo l’ora che No Man’s Sky arrivi nella mia buca delle lettere. Forse è l’estetica a metà tra Folon e Moebius, o forse è la speranza di avere tra le mani qualcosa che sappia davvero stupirmi e vergognarmi dei miei pregiudizi. Da sbarbato ogni tanto rubavo gli Urania di mio padre e, per quanto non abbia mai sopportato la prolissità di autori come Dan Simmons, mi sono sempre trovato a dipingere nella mia mente i panorami in cui collocavano le loro avventure; tanto per dare un’idea di quanto – nonostante tutto – No Man’s Sky mi attiri, di recente ho spolverato quei tre/quattro libri di fantascienza che possiedo per ingannare un’attesa ormai divenuta estenuante (nota di colore: di recente le sceneggiature dei videogiochi sono state ammesse al Premio Nebula). Nel migliore dei casi mi piacerebbe che tutto quanto scritto finora in questo articolo venisse incenerito da un’esperienza che sappia effettivamente coniugare l’esplorazione dello spazio ignoto con formule di gameplay a prova di bomba, il tutto coadiuvato da processi creativi oggettivamente capaci di rivoluzionare il mondo dei videogiochi.

So di non essere il solo a nutrire queste aspettative, beninteso, ma è proprio per questo che per ora è meglio sgonfiare un po’ dell’hype che è stato artatamente creato attorno al gioco (in una delle campagne di comunicazione più inusuali che abbia visto di recente, che meriterebbe un articolo a sé stante) e prepararsi a una delusione. Mal che vada, a settembre tornerò su queste pagine col capo cosparso di cenere. E con un gran sorriso sulle labbra.

Costanzo Colombo Reiser
 

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Accordo in parte con @Peeta (e questo mi fa paura, pensa te) su come vada trattato l'hype o vadano trattate le varie aspettative. Sono curioso di vedere, col tempo, che approccio adotterò col gioco.

Facendo un parallelo, però, anche Minecraft (che su certe cose è simile e su molte altre completamente diverso) potrebbe apparire come un gioco "senza scopo", senza trama, non fosse per la cruda esplorazione, il crafting, e la collezione di risorse per sviluppare meglio quest'ultimo. Eppure mi pare un gioco che dal 2009 vende come una madonna.
E che io, con colpevole (ma anche innocente, eh, le perplessità mie sono sempre state molto giustificate se me lo permettete) ritardo, sto apprezzando.
Allora spero che il lato riguardante il crafting e l'interazione con l'ambiente non siano di secondo piano a scapito della "meraviglia", che se ci si limita a quella è una cosa passeggera, dei pianeti e della vastità dell'universo, ma che abbia un suo senso di esistere, di funzionare, e che abbia una profondità tutta sua, un po' come la godibilità insita in quell'altro gioco "senza trama" che è appunto Minecraft.

Poi ci si limita sempre a un confronto e a dei paragoni, ma ci tengo a sottolineare che vanno fatti con le dovute proporzioni.

Non so, il capitolo longevità rimane, giustamente, un'incognita, e solo col tempo potremo esprimerci coi dovuti metri di giudizio.

Per quello negli ultimi giorni avevo "esagerato" guardando materiale video e contributi, ma sono ritornato in un mutismo generale che non voglio che poi vada a gonfiare le mie aspettative, perchè ho il timore del contraccolpo. E allora torno a frantumare cubetti pixellosi, in religioso silenzio.
 
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ste interviste sui pro e i contro me le sarei aspettate mesi fa,ormai fra 8 giorni avremo pure le recensioni sul gioco,diciamo che molti cercano di mettersi in mostra dicendo la loro su un gioco molto seguito.
Che poi in pratica espone un pensiero e dei dubbi che abbiamo in molti e ho io stesso.

Scrive bene pero'... Magari un po' troppo (@Peeta ma che e' un amico tuo?).
 

Peeta

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ste interviste sui pro e i contro me le sarei aspettate mesi fa,ormai fra 8 giorni avremo pure le recensioni sul gioco,diciamo che molti cercano di mettersi in mostra dicendo la loro su un gioco molto seguito.

Non ha senso quello che hai scritto. Primo non è un intervista ma un "normale" articolo sul gioco, secondo non parla di pro e contro ma fa tutto un discorso più generale sul genere sul gioco stesso in base a quello che si sa di esso e sulle aspettative che chi scrive l'articolo partendo da ragionamenti più oggettivi e terminando poi con valutazione sue personali, terzo non avrebbe avuto nessuno senso fare lo stesso pezzo mesi o anni fa visto che è fatto volutamente oggi in cui il gioco ormai è in uscita.
Probabilmente non lo hai letto, leggilo è comunque un buonissimo articolo, di certo meno banali di mille altri letti. Come spesso accade poi, sia in quel pezzo che in altri di quella rivista online, ci sono anche riferimenti e link da leggere a loro volta interessanti anch'essi.


Che poi in pratica espone un pensiero e dei dubbi che abbiamo in molti e ho io stesso.

Scrive bene pero'... Magari un po' troppo (@Peeta ma che e' un amico tuo?).

Si molti dubbi sono anche secondo me condivisibili. Anche il discorso hype è proprio quello a cui ho sempre fatto riferimento e che non hai mai troppo ben compreso. Appena hai tempo dai una letta all'articolo in inglese linkato nel pezzo.

p.s.
comunque il tipo che scrive non lo conosco, però lo leggo spesso e leggo i siti dove lui ed altri scrivono e anno dei pazzi molto più "adulti" dei soliti siti di videogiochi. Ovviamente non parlano solo di videogiochi ma di altro.
I siti sono ultimouomo.com che tratta principalmente di sport e calcio, rivistastudio.com che tratta di attualità e cultura in generale e Prismomag che tratta di anch'esso di cultura ma con una declinazione più diretta verso cinema musica tecnologia e videogiochi. Personalmente seguo Prismomag e Ultimouomo, rivistastudio molto meno.
 

Peeta

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Accordo in parte con @Peeta (e questo mi fa paura, pensa te) su come vada trattato l'hype o vadano trattate le varie aspettative. Sono curioso di vedere, col tempo, che approccio adotterò col gioco.

Facendo un parallelo, però, anche Minecraft (che su certe cose è simile e su molte altre completamente diverso) potrebbe apparire come un gioco "senza scopo", senza trama, non fosse per la cruda esplorazione, il crafting, e la collezione di risorse per sviluppare meglio quest'ultimo. Eppure mi pare un gioco che dal 2009 vende come una madonna.
E che io, con colpevole (ma anche innocente, eh, le perplessità mie sono sempre state molto giustificate se me lo permettete) ritardo, sto apprezzando.
Allora spero che il lato riguardante il crafting e l'interazione con l'ambiente non siano di secondo piano a scapito della "meraviglia", che se ci si limita a quella è una cosa passeggera, dei pianeti e della vastità dell'universo, ma che abbia un suo senso di esistere, di funzionare, e che abbia una profondità tutta sua, un po' come la godibilità insita in quell'altro gioco "senza trama" che è appunto Minecraft.

Poi ci si limita sempre a un confronto e a dei paragoni, ma ci tengo a sottolineare che vanno fatti con le dovute proporzioni.

Non so, il capitolo longevità rimane, giustamente, un'incognita, e solo col tempo potremo esprimerci coi dovuti metri di giudizio.

Per quello negli ultimi giorni avevo "esagerato" guardando materiale video e contributi, ma sono ritornato in un mutismo generale che non voglio che poi vada a gonfiare le mie aspettative, perchè ho il timore del contraccolpo. E allora torno a frantumare cubetti pixellosi, in religioso silenzio.

Considerazioni interessanti, anche se Minecraft rientra proprio nel discorso di "crearsi una remunerazione emotiva" con la soddisfazione delle proprio creazioni, la ricerca dei materiali proprio per la creazioni stesse, e da qualche anno proprio nella modalità sopravvivenza è stato inserito l'end game (con relativo "boss") che serve a dare un ulteriore scopo ecc ecc ecc. Ecco minecraft è proprio la dimostrazione di come anche senza un plot narrativo e quindi vagando "quasi" senza scopo, si possa creare un gioco con una longevità quasi infinita.
Vero anche che comunque come ben dici è pure sempre un paragone comunque da fare con le pinze, io infatti è sempre cercato di non tirarlo in ballo in questo topic proprio perchè magari poi si creano false speranze anche con questo riferimento.

Va anche detto, e lo stesso autore di quel pezzo lo dice, che è tutto da scoprire. Gli elementi che possono indurre in timore vanno ancora commisurati. Per me, più che nel crafting, più che nel lato shooter, più che nel lato commercio, la partita il gioco la giocherà proprio sul "cuore" del suo sistema. Proprio l'esplorazione stessa. Tutto dipenderà da come l'algoritmo procedurale è stato impostato e da come, con che complessità e varietà, i pianeti e quello che c'è su di essi, verranno generati. E' qui che secondo me prima di tutto si dovrà vedere il lavoro di Hello Games. E difatti è proprio qui che in questi anni di campagna mediatica hanno cercato di più di porre l'attenzione il team di sviluppo, piuttosto che sugli altri elementi. Vediamo poi cosa verrà fuori, di certo quando si parla di sistema procedurali non conta poi molto se il team è di 10 persone o di 1000. E in questo minecraft è il portabandiera migliore visto che è stato creato da una persona sola.
 

weILL

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Si molti dubbi sono anche secondo me condivisibili. Anche il discorso hype è proprio quello a cui ho sempre fatto riferimento e che non hai mai troppo ben compreso. Appena hai tempo dai una letta all'articolo in inglese linkato nel pezzo.

p.s.
comunque il tipo che scrive non lo conosco, però lo leggo spesso e leggo i siti dove lui ed altri scrivono e anno dei pazzi molto più "adulti" dei soliti siti di videogiochi. Ovviamente non parlano solo di videogiochi ma di altro.
I siti sono ultimouomo.com che tratta principalmente di sport e calcio, rivistastudio.com che tratta di attualità e cultura in generale e Prismomag che tratta di anch'esso di cultura ma con una declinazione più diretta verso cinema musica tecnologia e videogiochi. Personalmente seguo Prismomag e Ultimouomo, rivistastudio molto meno.
Mi chiedevo se era tuo amico solo per il fatto che il pezzo è lunghissimo :D.. L'articolo è molto dettagliato nella spiegazione e davvero copre molto di quello che è l'universo (in tutti i sensi) che ruota intorno a NMS.


Non mi va di leggere il pezzo visto che è in inglese, come altri che sono linkati :p.. Già è un miracolo che ho letto tutto il suo di articolo:eek:.. e giusto perchè avevo tempo da perdere:cool:.

E' già la seconda volta in pochi giorni che leggo di questo ultimouomo, si vede che la loro "collana" sta prendendo piede. Bene, fa piacere che esistano siti più seri del solito.
 
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Peeta

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Già è un miracolo che ho letto tutto il suo di articolo:eek:.. e giusto perchè avevo tempo da perdere:cool:.

Una buona lettura, sia di narrativa, sia di attualità, sia di cultura generale sia anche di videogiochi (se si è appassionati ovviamente) non è mai tempo perso. In certi campi poi proprio come quello dei videogiochi il livello medio è davvero basso. Hai mai fatto caso come le recensioni dei siti più mainstream per i giochi più famosi tendano sempre di più di anno in anno ad assomigliarsi?
Ma vabbè è un discorso forse troppo OT....

p.s.
ultimouomo, ma anche prismomag io li ho conosciuti su facebook (pure facebook ancora c'è che lo vede come il male assoluto ed io ero tra questi, in realtà è uno strumento davvero straordinario se lo si sa utilizzare a modo) e ormai da qualche tempo non mi perdo un loro articolo. Scrivono bene, sono bravi e mai banali. Certo alle volte ci sono pezzi più lunghi del normale e sono in controtendenza rispetto agli articoli mordi e fuggi dell'editoria moderna, ma è anche la loro forza. Racchiudere discorsi in un numero limitato di caratteri contribuisce spesso tagliare contenuti idee e digressioni.
 

weILL

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Facendo un parallelo, però, anche Minecraft (che su certe cose è simile e su molte altre completamente diverso) potrebbe apparire come un gioco "senza scopo", senza trama, non fosse per la cruda esplorazione, il crafting, e la collezione di risorse per sviluppare meglio quest'ultimo. Eppure mi pare un gioco che dal 2009 vende come una madonna.
E che io, con colpevole (ma anche innocente, eh, le perplessità mie sono sempre state molto giustificate se me lo permettete) ritardo, sto apprezzando.
Allora spero che il lato riguardante il crafting e l'interazione con l'ambiente non siano di secondo piano a scapito della "meraviglia", che se ci si limita a quella è una cosa passeggera, dei pianeti e della vastità dell'universo, ma che abbia un suo senso di esistere, di funzionare, e che abbia una profondità tutta sua, un po' come la godibilità insita in quell'altro gioco "senza trama" che è appunto Minecraft.
Esattamente. Mi pare anche di averlo scritto io stesso questo concetto. La longevità del titolo, viste le sue proporzioni, dipenderà molto dal senso che verrà dato a ogni sua componente. Come senso intendo un equilibrio, una sua ragione di esistere, e che tutte le componenti vadano in armonia le une con le altre. Insomma è un gioco che a guardarlo cosi' può portare facilmente a pensare che sia noioso, ecco.. lo stesso titolo al contrario dovrà essere capace a tenerti "sveglio" anche nelle fasi più di routine.
E' un aspetto cosi' evidente in un gioco come NMS che come scrissi in un post non posso credere che Murray e soci non ci abbiano pensato. Forse è l'unico aspetto non cosiderato dal bravo articolista di Prismomag e sul quale quindi, in un certo senso, non mi trova d'accordo.
A proposito di Costanzo Colombo ho come l'idea che lui a Minecraft non abbia mai giocato visto che se fosse accaduto avrebbe certamente fatto dei paragoni tra i due.. e magari sarebbe stato anche un pò più ottimista.

A proposito di ottimismo e Minecraft, il titolo dei Mojang riesce a tenere sveglio il videogiocatore anche con lo stile particolare e questo mi pare che non manchi nemmeno in NMS, quindi è un punto a favore. Anche i suoni dovranno fare la loro parte nel titolo Hello Games, oltre alle musiche che già si preannunciano "ad hoc".. Insomma la speranza è che mantengano una certa coerenza e uno stile per tutti gli aspetti di NMS in modo che il gioco "entri" nella testa del videogiocatore, gli dia quel sapore da voler assaggiare più e più (e più e più e più e più, ecc fino a 18 quintilioni) volte.
 
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A proposito di Costanzo Colombo ho come l'idea che lui a Minecraft non abbia mai giocato visto che se fosse accaduto avrebbe certamente fatto dei paragoni tra i due.. e magari sarebbe stato anche un pò più ottimista.

Ci ho pensato anche io....
 

weILL

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Una buona lettura, sia di narrativa, sia di attualità, sia di cultura generale sia anche di videogiochi (se si è appassionati ovviamente) non è mai tempo perso. In certi campi poi proprio come quello dei videogiochi il livello medio è davvero basso. Hai mai fatto caso come le recensioni dei siti più mainstream per i giochi più famosi tendano sempre di più di anno in anno ad assomigliarsi?
Ma vabbè è un discorso forse troppo OT....

p.s.
ultimouomo, ma anche prismomag io li ho conosciuti su facebook (pure facebook ancora c'è che lo vede come il male assoluto ed io ero tra questi, in realtà è uno strumento davvero straordinario se lo si sa utilizzare a modo) e ormai da qualche tempo non mi perdo un loro articolo. Scrivono bene, sono bravi e mai banali. Certo alle volte ci sono pezzi più lunghi del normale e sono in controtendenza rispetto agli articoli mordi e fuggi dell'editoria moderna, ma è anche la loro forza. Racchiudere discorsi in un numero limitato di caratteri contribuisce spesso tagliare contenuti idee e digressioni.
Come hai visto, per quanto bravi precisi interessanti e ultra-dettagliati, nemmeno loro sono cmq riusciti a "scardinare" ciò che potrà essere NMS. Alla fine, dopo tantissime parole, nell'autore dell'articolo rimane solo 1) la voglia di giocarci e 2) i dubbi sulla longevità. Nulla di nuovo in fondo ;).


Solo NMS dirà che cos'è NMS!! (risata malefica)
 
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CastoloILMEGLIO

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3 Settembre 2014
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Non ha senso quello che hai scritto. Primo non è un intervista ma un "normale" articolo sul gioco, secondo non parla di pro e contro ma fa tutto un discorso più generale sul genere sul gioco stesso in base a quello che si sa di esso e sulle aspettative che chi scrive l'articolo partendo da ragionamenti più oggettivi e terminando poi con valutazione sue personali, terzo non avrebbe avuto nessuno senso fare lo stesso pezzo mesi o anni fa visto che è fatto volutamente oggi in cui il gioco ormai è in uscita.
Probabilmente non lo hai letto, leggilo è comunque un buonissimo articolo, di certo meno banali di mille altri letti. Come spesso accade poi, sia in quel pezzo che in altri di quella rivista online, ci sono anche riferimenti e link da leggere a loro volta interessanti anch'essi.

.


ho letto articoli simili 4-5 mesi fa,oggigiorno non leggo più nulla del genere (se non si tratta di gioco giocato e presto ci sarà chi lo giocherà in diretta su twitch ecc)perché bene o male un po tutti si sono informati sui papabili pro e contro sul gioco,a me pare più che altro che sto tizio voglia salire sul carrozzone della pubblicità insieme a tanti altri che sto determinato gioco non se lo cagavano di striscio fino a qualche mese fa e che magari non lo conoscevano neppure,questo dicevo io,ora che siamo a pochi giorni dall'uscita ognuno cerca di tirare acqua al suo mulino,mi pare anche normale che escano pinco pallini pronti a dire la propria opinione ma vale tanto quanto quella del marocchino che vende gli accendini all'incrocio.
 

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