Chapter 1: Who Am I.
Mi chiamo George Skylls. Sono nato a Cardiff il 28 febbraio 1985.
Sono gallese doc. Nel mio paese lo sport più in voga è il rugby, ma io sono stato stregato sin da piccolo dal football.
Mio padre ha voluto mi chiamassi così in onore di George Best, grande numero 7 della storia del calcio britannico e suo idolo calcistico.
Perché proprio Best? Da piccoli ci siamo trasferiti a Manchester, ho sempre vissuto lì. Siamo cresciuti nel suo mito.
Provengo da una famiglia normalissima: madre casalinga e padre operaio. I miei parenti che non seguono il rugby tifano United, visti i trascorsi di una leggenda conterranea come Ryan Giggs.
Mi viene da ridere se penso al mio cognome in senso letterario. Già... le skills... con la ‘I’ ovviamente... tutti mi dicevano che ce l’avrei fatta a diventare un calciatore di successo. Invece? Invece nulla.
Una carriera da modesto centrocampista in cerca dell'assist vincente, con pochi gol all'attivo.
Quando avevo 14 anni un provino sfumato al Salford, nella periferia di Manchester. Poi giusto qualche scampagnata nei campi di Non League, prima di decidere di ritirarmi all’età di 28 anni ed iniziare a studiare per il patentino da allenatore. Preso, ovviamente... con il massimo dei voti. La tesi? Un inno al mio maestro putativo: Arsène Wenger.
Quando ho rivelato a mio padre la squadra per la quale tengo voleva diseredarmi.
“Papà tifo Arsenal”... “Don’t joke with me, you f*****g c*nt!”.
Ovviamente il Cardiff rimane la squadra della mia città natale, però l’Arsenal di Wenger è stata la molla della passione, ed io a quel club e al mio maestro, devo tutto.
Tante partite viste allo stadio, prima da tifoso, poi da addetto ai lavori. Quattro ore di strada, di mezzi pubblici e di riflessioni sognatrici nel tragitto che separa Manchester da Londra, quartiere Arsenal.
Proprio dove sorgono Highbury e l'attuale Emirates Stadium.
Un giorno, chissà, riuscirò anche io ad allenare una squadra così. Magari proprio l'Arsenal. Sarebbe un sogno prima che un obiettivo!
Mi chiamo George Skylls. Sono nato a Cardiff il 28 febbraio 1985.
Sono gallese doc. Nel mio paese lo sport più in voga è il rugby, ma io sono stato stregato sin da piccolo dal football.
Mio padre ha voluto mi chiamassi così in onore di George Best, grande numero 7 della storia del calcio britannico e suo idolo calcistico.
Perché proprio Best? Da piccoli ci siamo trasferiti a Manchester, ho sempre vissuto lì. Siamo cresciuti nel suo mito.
Provengo da una famiglia normalissima: madre casalinga e padre operaio. I miei parenti che non seguono il rugby tifano United, visti i trascorsi di una leggenda conterranea come Ryan Giggs.
Mi viene da ridere se penso al mio cognome in senso letterario. Già... le skills... con la ‘I’ ovviamente... tutti mi dicevano che ce l’avrei fatta a diventare un calciatore di successo. Invece? Invece nulla.
Una carriera da modesto centrocampista in cerca dell'assist vincente, con pochi gol all'attivo.
Quando avevo 14 anni un provino sfumato al Salford, nella periferia di Manchester. Poi giusto qualche scampagnata nei campi di Non League, prima di decidere di ritirarmi all’età di 28 anni ed iniziare a studiare per il patentino da allenatore. Preso, ovviamente... con il massimo dei voti. La tesi? Un inno al mio maestro putativo: Arsène Wenger.
Quando ho rivelato a mio padre la squadra per la quale tengo voleva diseredarmi.
“Papà tifo Arsenal”... “Don’t joke with me, you f*****g c*nt!”.
Ovviamente il Cardiff rimane la squadra della mia città natale, però l’Arsenal di Wenger è stata la molla della passione, ed io a quel club e al mio maestro, devo tutto.
Tante partite viste allo stadio, prima da tifoso, poi da addetto ai lavori. Quattro ore di strada, di mezzi pubblici e di riflessioni sognatrici nel tragitto che separa Manchester da Londra, quartiere Arsenal.
Proprio dove sorgono Highbury e l'attuale Emirates Stadium.
Un giorno, chissà, riuscirò anche io ad allenare una squadra così. Magari proprio l'Arsenal. Sarebbe un sogno prima che un obiettivo!