Il playstagione plus continua a regalarci perle e questo mese c'è Gone Home (prezzo fuori dal plus 19,90).
Il gioco è una avventura in prima persona creato dalla Fullbright Company. Minuscola società fondata da 3 sviluppatori ex 2k e che avevano lavorato alla serie Bioshock. Tipico lo sviluppo, cioè in qualche stanza di casa giorno e notte cercando di risparmiare il più possibile. Ecco quindi che riducono al minimo indispensabile le spese, solo il giocatore senza altri personaggi, gameplay limitato alla sola esplorazione e interazione con gli oggetti puntando tutto su atmosfera e narrazione ambientale.
Grande accoglienza della critica con il goty del sito Polygon che per la prima volta viene dato ad un titolo indie. Accoglienza del pubblico ovviamente spaccata in due tra chi lo definisce noioso e chi invece lo adora per la bella storia narrata la sua natura sperimentale.
Recensioni
http://it.ign.com/gone-home-pc/70275/review/il-viaggio-nel-passato-di-gone-home
Gone Home racconta una storia emozionante, coinvolgente, toccante, che ha il coraggio di esplorare temi forti, delicati, pressoché inesistenti nel mondo dei videogiochi, con un approccio estetico da grande produzione ma senza nascondersi dietro la storia di genere, l'azione pretestuosa, la grandeur cinematografica. È un altro splendido esempio di cosa sia possibile fare abbracciando davvero le potenzialità di un mezzo espressivo basato sull'interazione, uno schiaffo fortissimo a chi ritiene che le emozioni passino per il tessellation e il performance capture. Qualcuno potrà magari non ritenerlo un videogioco, e in un certo senso avrebbe anche ragione, ma non perché manchino l'azione o la sfida: guardatevi i trailer dell'E3, della Gamescom, dei VGX e ditemi se vi sembra che lì in mezzo ci sia spazio per qualcosa di intelligente, delicato, onesto, emozionante e sperimentale come è Gone Home. Per quanto mi riguarda è un videogioco. Lo è. Se l'interazione è centrale, è un videogioco. Ma “il settore dei videogiochi” sembra volerci dire con tutte le sue forze che i videogiochi sono tutt'altro. Affari suoi.
http://www.spaziogames.it/recensioni_videogiochi/console_multi_piattaforma/15038/gone-home.aspx
I videogiochi sono cresciuti. Sono più maturi, variegati, e, pur mantenendo sempre un bel po' di bambinesca ingenuità o tendenza all'esagerazione, sono ormai capaci di giocarsela alla pari con qualunque cosa, senza paura o bisogno di essere accettati. Gone Home non è l’unica dimostrazione di questo, ma è una delle migliori: è un’opera semplice, semplicissima, eppure brillante e capace di colpire subito al cuore. E’ una magnifica fusione di dialoghi scritti alla perfezione e narrativa ambientale ben studiata. E’ l’equivalente videoludico di quei film che nessuno conosce, ma la cui originalità ribalta completamente il concetto di cinema e trapassa i grandi blockbuster come una piccola spada ben affilata. Quei film che avrebbero cambiato le carte in tavola con un po’ di pubblicità in più, ma gli spettatori hanno mancato per un soffio. Solo che noi siamo videogiocatori, in simbiosi costante con la rete, quindi queste cose non passano inosservate con la nostra fame costante di novità e cambiamento. E’ un bene, dico sul serio, perché Gone Home non si perderà per strada, tutti lo potranno raggiungere e provare, e molti potranno imparare da ciò che gli sviluppatori di The Fullbright Company hanno fatto. Forse ne prenderanno esempio, forse faranno tutt’altro, ma almeno acquisteranno un po’ di coraggio di osare, ed è questa la vera linfa vitale di un qualunque settore.
I videogiochi sono cresciuti, e io sono sempre più contento di lavorare con loro.
Forse ve l’ho già detto, ma è il caso di ripeterlo un’altra volta. Ho giocato a Gone Home.
Fatelo. Anche. Voi.
http://multiplayer.it/recensioni/122583-gone-home-la-casa-e-dove-si-trova-il-cuore.html
Gone Home è una storia d'amore che affida la narrazione agli oggetti lasciati in casa da una famiglia come tante. La ricostruzione di quello che è successo è toccante e intreccia i destini di tutti i membri, visti con gli occhi della sorella maggiore, di ritorno da un lungo viaggio all'estero. I tantissimi dettagli di vita ricostruiti con cura e l'eccellente architettura narrativa ci coinvolgono e trattengono nelle pieghe della trama fino alla fine con il cuore in gola. Impossibile non ritrovare qualcosa di sé stessi nel tema trattato, che tocca aspetti dolorosi del vivere senza esasperazioni e con molta dolcezza. Se qualcuno che conoscete vi chiede di provare un videogioco per la prima volta, lasciatelo solo con Gone Home. Non sarà il titolo più rappresentativo, ma di sicuro gli farà venire voglia di giocare ancora.
http://www.everyeye.it/articoli/recensione-gone-home-20348.html
È sempre più complesso inquadrare questa nuova tipologia di giochi, o forse di non-giochi, all'interno dei canoni classici. Se le meccaniche ludiche possono essere analizzate con gli strumenti della critica che abbiamo imparato a conoscere, questo genere di esperienze interattive impone una fruizione differente, probabilmente innovativa, e richiede quindi un metro di giudizio specifico. L'interattività pura di Gone Home è ottima ma limita: si può esplorare liberamente la casa raccogliendo e manipolando moltissimi oggetti, perdendosi all'interno delle stanze e assaporando l'atmosfera incredibile che il team è riuscito a creare. Ma la domanda da porsi è: diverte? In realtà no, affatto. Gone Home è nato come un progetto che non deve per forza inseguire gli obiettivi del videogioco classico, che sfida l'utente, lo fa sentire forte, lo soddisfa e lo appaga per le sue abilità. Gone Home rientra nel solco lasciato interrotto da Dear Esther e dà al giocatore tanto quando lui stesso è disposto ad investire, ponendosi domande, ricollegando mentalmente i dettagli della storia, interagendo sì con meccaniche di gioco classiche ma che sottendono obiettivi completamente differenti e che, mai come prima probabilmente, richiedono all'utente di lasciarsi andare, di immergersi, di dimenticare che davanti a sé ha uno schermo, come solo certo cinema fino ad ora è stato in grado di fare. Gone Home è come un film d'essai: non potrà mai piacere a tutti e, anzi, la platea sarà molto probabilmente spaccata in due, tra chi lo apprezza e vede anche al di là del valore reale del prodotto e chi invece lo considererà borioso, insensato, convoluto, stupido. L'apprezzamento di un'esperienza come Gone Home passerà quindi dalla volontà di mettersi in gioco, di lasciare da parte i preconcetti e lasciandosi rapire: in questo modo il tempo passato all'interno della casa si estenderà a dismisura, superando di gran lunga il paio d'ore che il gameplay puro può offrire. C'é quindi un modo giusto di affrontare Gone Home? Probabilmente no, così come è molto difficile inquadrare l'esperienza all'interno della classica scala di valori utilizzata per giudicare i videogiochi, mai come in questo caso inadeguata e superata.